LIBERARSI DALLA SCHIAVITU’ DEL LAVORO
Tutto,
ma proprio tutto, da come ne parliamo al modo in cui ne affrontiamo i problemi ci
pone davanti alla diffusa e vincente logica lavorista intesa nel senso
deleterio del termine: la cultura dell’etica del lavoro (che già negli anni
Cinquanta Bertrand Russell liquidava come “etica degli schiavi”), quella che ci
spiega che “un lavoro qualsiasi è meglio di nessun lavoro” e che costringe a
scelte come quella tra lavoro e salute, come ci insegna per esempio
l’esperienza di Taranto e dell’Ilva. O quella, acclamata nei giorni scorsi da
gran parte della sinistra, di un Bill Gates che propone la tassazione dei robot
per rendere competitivo il lavoro umano.
Sarebbe invece il caso di parlare di
liberazione del (e dal) lavoro e dell’utilizzo a tale scopo dell’automazione e
delle nuove tecnologie
Sarebbe forse
un’utopia?
Sarebbe invece
necessario risolvere le ragioni che spingono una persona precarizzata,
condannata a vivere nell’incertezza e a contare quanto tempo gli resta da
lavorare prima di accumulare i quaranta o più anni di lavoro che gli
consentiranno di affrontare la vecchiaia, con il conforto di una pensione da
fame.
Sarebbe forse
tempo di mettere in discussione una volta per tutte la centralità del lavoro
inteso come mezzo di liberazione e realizzazione della persona e quella del
sacrificio inteso come dovere etico, un’assurdità che, non dimentichiamolo, campeggiava
all’ingresso del campo di sterminio nazista di Auschwitz.
IL
LAVORISMO ha vinto. IL LAVORO ha perso. Mai nell'epoca moderna i lavoratori
sono stati così sfruttati, isolati, alienati, disperati, precarizzati.
La colpa è anche
nostra che non siamo riusciti a fare della critica al lavoro della liberazione
dal lavoro obiettivi e strumenti di lotta… LAVORARE TUTTI LAVORARE MENO.
L'idea di
una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro non si è mai trasformata in
un programma, in un'azione globale, perché si poneva in antitesi con un sistema
economico basato sulla produttività ed
era portatore di un modello culturale dove la vita, l’amore, la natura, il
senso, il significato, il tempo, l’amicizia, la solidarietà l’uguaglianza, la
reciprocità, il piacere, il godimento, il sogno, la bellezza …avrebbero
prevalso.
Tali valori
non avrebbero consentito che il 50% della ricchezza mondiale fosse patrimonio
esclusivo di nove individui e che il 10% della popolazione gestisse il 90%
della ricchezza mondiale, mentre il rimanente 90% condivide la fame.
Daniele
Cario
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