lunedì 11 dicembre 2017




LIBERARSI DALLA SCHIAVITU’ DEL LAVORO
            Tutto, ma proprio tutto, da come ne parliamo al modo in cui ne affrontiamo i problemi ci pone davanti alla diffusa e vincente logica lavorista intesa nel senso deleterio del termine: la cultura dell’etica del lavoro (che già negli anni Cinquanta Bertrand Russell liquidava come “etica degli schiavi”), quella che ci spiega che “un lavoro qualsiasi è meglio di nessun lavoro” e che costringe a scelte come quella tra lavoro e salute, come ci insegna per esempio l’esperienza di Taranto e dell’Ilva. O quella, acclamata nei giorni scorsi da gran parte della sinistra, di un Bill Gates che propone la tassazione dei robot per rendere competitivo il lavoro umano.
 Sarebbe invece il caso di parlare di liberazione del (e dal) lavoro e dell’utilizzo a tale scopo dell’automazione e delle nuove tecnologie
Sarebbe forse un’utopia?
Sarebbe invece necessario risolvere le ragioni che spingono una persona precarizzata, condannata a vivere nell’incertezza e a contare quanto tempo gli resta da lavorare prima di accumulare i quaranta o più anni di lavoro che gli consentiranno di affrontare la vecchiaia, con il conforto di una pensione da fame.
Sarebbe forse tempo di mettere in discussione una volta per tutte la centralità del lavoro inteso come mezzo di liberazione e realizzazione della persona e quella del sacrificio inteso come dovere etico, un’assurdità che, non dimentichiamolo, campeggiava all’ingresso del campo di sterminio nazista di Auschwitz.
IL LAVORISMO ha vinto. IL LAVORO ha perso. Mai nell'epoca moderna i lavoratori sono stati così sfruttati, isolati, alienati, disperati, precarizzati.
La colpa è anche nostra che non siamo riusciti a fare della critica al lavoro della liberazione dal lavoro obiettivi e strumenti di lotta… LAVORARE TUTTI LAVORARE MENO.
L'idea di una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro non si è mai trasformata in un programma, in un'azione globale, perché si poneva in antitesi con un sistema economico basato sulla produttività  ed era portatore di un modello culturale dove la vita, l’amore, la natura, il senso, il significato, il tempo, l’amicizia, la solidarietà l’uguaglianza, la reciprocità, il piacere, il godimento, il sogno, la bellezza …avrebbero prevalso.
Tali valori non avrebbero consentito che il 50% della ricchezza mondiale fosse patrimonio esclusivo di nove individui e che il 10% della popolazione gestisse il 90% della ricchezza mondiale, mentre il rimanente 90% condivide la fame.


                                                                                  Daniele Cario

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