venerdì 15 dicembre 2017

“Quella sera a Milano era Caldo…..”

            Il 12 dicembre del 1969, esattamente 48 anni fa, furono collocate bombe all’Altare della Patria e nel sottopassaggio della Banca Nazionale del Lavoro a Roma, con alcuni feriti. E, in contemporanea, con la terribile bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana a Milano, che provocò 17 morti e 88 feriti.
Aveva inizio così la “strategia della tensione”, che avrebbe continuato con bombe nelle banche, di stragi di civili sui treni e nei comizi sindacali, fatti vergognosi e deprecabili che appartengono alla nostra storia recente.
La strage di Piazza Fontana non è un mistero senza mandanti, un evento attribuibile a chiunque per pura speculazione politica. La strage fu opera della destra eversiva, con stretti legami organici fra i nazifascisti, elementi dei Servizi Segreti militari e dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, diretto all’epoca da Federico Umberto D’Amato.
Fu immediatamente perseguita la pista anarchica, fabbricata apposta da infiltrati di Ordine nuovo, di Avanguardia nazionale e dei servizi segreti, per depistare le indagini e mettere sotto accusa di fronte all’opinione pubblica gli anarchici e, per estensione, il movimento studentesco, che muoveva i primi passi, alle forze di sinistra impegnate nelle lotte sindacali di quel periodo, preparando così il clima per una svolta autoritaria e spingere l’allora Presidente del Consiglio, il democristiano Mariano Rumor, a decretare lo stato di emergenza nel Paese, in modo da facilitare l’insediamento di un governo autoritario. Come accertato anche dalla Commissione Parlamentare Stragi, erano state seriamente progettate in quegli anni, anche in concomitanza con la strage, delle ipotesi golpiste per frenare le conquiste sindacali e la crescita delle sinistre.
Svolta autoritario che non ci fu, grazie alla risposta popolare, alla contro informazione e mobilitazione dei giovani della sinistra extra parlamentare oltre alla pubblicazione del libro “ la strage di stato” e alla grande stampa, che dopo un po’, fece suoi molti temi di quel libro inchiesta. Opera che mise subito in evidenza le responsabilità delle formazioni di estrema destra e più precisamente di Freda e Ventura, oggi assolti, ma che se fossero stati giudicati con gli elementi d’indagine, acquisiti purtroppo con colpevole ritardo, quando loro non erano più processabili, sarebbero stati, come scrive la Cassazione, condannati.
Vengono, invece, immediatamente arrestati un gruppo di anarchici tra cui Pietro Valpreda indicato come il “mostro” nelle prime pagine dei quotidiani e nei telegiornali e il ferroviere Giuseppe Pinelli, quest’ultimo, tre giorni dopo la strage “viene suicidato” dal quarto piano della questura di Milano, martire delle lotte per l’emancipazione dei più deboli, degli ultimi.
            Per impedire che simili trame criminali possano nel futuro ripetersi è necessario, soprattutto per le nuove generazioni, che non si perda la memoria storica dei fatti, e che tale ricorrenze possano trasformarsi in utili insegnamenti
Miseri quei popoli, che hanno bisogno di martiri ed eroi per affrancarsi dalle diseguaglianze, dai soprusi e dalle privazioni.
“Quella sera a Milano era caldo…”

                                                                                  

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